La figura del prof. Alfredo Corti, scienziato e alpinista, grande italiano, il maggiore
esploratore dei monti valtellinesi e, sicuramente, anche il loro miglior descrittore,
merita di essere delineata in modo adeguato.
Nasce a Tresivio da Nina Menatti e dal medico condotto Linneo Corti, il 24 Luglio
1880 e muore a Roma il 7 Luglio 1973. Laureatosi in Scienze Naturali presso l’Università
di Pavia nel 1902, fu chiamato ad insegnare prima a Parma, nel 1903, e poi presso
l’Istituto di Anatomia Comparata di Bologna. Nel 1924, vinta la cattedra di
Anatomia Comparata della Facoltà di Scienze Naturali dell’Università
di Torino, si trasferì in quella città, ove svolse la sua docenza
fino al 1955.
Socio del CAI Valtellinese dal 1898, già nel 1900 iniziava una sistematica
esplorazione dei gruppi montuosi che circondano la sua Valtellina, mediante un’attività
di studio che continuò metodicamente e intensamente per oltre mezzo secolo.
Rilevante è il numero delle vie nuove da lui aperte nei Gruppo del Bernina,
del Disgrazia, dell’Adamello e nelle Alpi Orobie.
La sua attività alpinistica spaziò dalle grandi vette del Bernina
fino a gruppi meno conosciuti, come i monti della Val Grosina e delle Alpi Orobie.
Le sue salite sono riportate a parte, in un elenco sintetico.
Nel 1907, Corti entrò a far parte del G.L.A.S.G (Gruppo Lombardo Alpinisti
Senza Guide) che, poi, confluirà nel Club Alpino Accademico Italiano e, l’anno
successivo, compì un’attenta e scrupolosa visita nel massiccio dell’Ortles-Cevedale.
Nel 1913, fu l’ideatore e l’organizzatore della costruzione della Capanna
Marco e Rosa De Marchi alla Forcola di Cresta Güzza, appena sotto la vetta
del Bernina, a 3600m di quota. Con le maestranze, superò enormi difficoltà,
con immani fatiche, avversato anche tal maltempo, quasi continuo.
Le guide alpinistiche
Il frutto dei suoi studi e delle sue ricerche si trova pubblicato con nitidi scritti,
illustrati da sue belle fotografie.
Tra il 1903 e il 1960, i suoi articoli alpinistici pubblicati sulla Rivista
Mensile del CAI sono una ventina, oltre ad alcuni di carattere più scientifico
(flora, fauna, ghiacciai) e ad altri, pure alpinistici, su bollettini e pubblicazioni
sezionali.
Corti fu anche un grande compilatore di guide, con lo scopo di far conoscere
le zone che frequentava. Nel 1909, con Walter Laeng, dava alle stampe la “Guida
delle Alpi di Val Grosina”, la sua prima opera a carattere alpinistico; lavoro
breve, ma accurato e preciso, edito dal «Gruppo Lombardo Alpinistico Senza
Guide» (G.L.A.S.G.). Poco dopo, nel 1911, fu scelto quale autore della «Guida delle Alpi Retiche
Occidentali», una pietra miliare nelle pubblicazioni dei CAI, nella quale
la parte più importante, il Gruppo dei Bernina, è opera sua e
resta tuttora uno studio fondamentale per tutti i successivi lavori italiani e stranieri.
Negli anni 30 del 900 curò, infine, l’edizione della Guida delle Alpi
Orobie, per la prestigiosa collana Guida dei Monti d’Italia del CAI-TCI. Tale
opera purtroppo, per varie cause non dipendenti dall’autore, vide la luce
molti anni dopo, risultando ormai obsoleta, soprattutto nello stile descrittivo
e nella valutazione tecnica delle ascensioni. Resta però un caposaldo in
quanto ancor oggi è l’unica opera che descrive capillarmente questa
importante catena montuosa.
Il suo alpinismo
Legato alla grande tradizione alpinistica ottocentesca, dopo il primo conflitto
mondiale, con l’avanzare dell’età, il professore cominciò
ad avvalersi di Guide alpine per le sue ascensioni, che si svolgevano su terreni
sempre più difficili. Nel 1917, con la guida Ignazio Dell’Andrino,
ad esempio, scalò in prima assoluta la lunga cresta est-nord-est del Pizzo
Ventina. Legato a questa ascensione è l’episodio della scoperta di
una nuova specie di dittero che il grande alpinista fece verso i 3000 metri. Il
professor Bezzi, che studiò il piccolo insetto, volle legare ad esso il nome
dell’amico e collega che l’aveva scoperto, chiamandolo “Alfredia
acrobata”.
Fra il 1920 e il 1930, il Corti rivolse fra l’altro le sue attenzioni alle
alte pareti meridionali del Bernina e del Sottogruppo Sella-Glüschaint. E’
di questo periodo la prima ascensione alla parete Sud del Monte Rosso Scerscen,
compiuta con Augusto Bonola e la guida Cesare Folatti, l’11 agosto 1928. Per
molti anni, questa sarà la più difficile scalata su roccia del massiccio
e ancor oggi è una severa ascensione, se si tiene conto che una volta in
vetta si deve ancora traversare verso il Bernina per poi scendere alla Capanna Marco
e Rosa: traversata lunga e complessa su terreno misto d’alta quota.
Meno nota, ma grandiosa e innovativa per concezione, è l’impresa che
compì con il figlio Nello, traversando sul filo di cresta tutto il massiccio
Ortles-Cevedale, dal Passo dello Stelvio al Passo del Gavia: una trentina di vette,
salite in cinque giornate, con l’aggiunta dell'Ortles, che è fuori
linea; ma i due lo salgono comunque per la grandiosa Marletgrat.
Appassionato della conca di Chiareggio, ove amava trascorrere parte delle vacanze,
lo scienziato si dedicò moltissimo anche all’esplorazione e alla descrizione
del massiccio del Monte Disgrazia, avvalendosi a volte di guide come Dell’Andrino,
Cesare Folatti, Livio e Oreste Lenatti o di compagni più giovani come suo
figlio Nello, Peppo Perego o Luigi Bombardieri.
Impressionante è il suo curriculum di scalate che, anche in età più
avanzata, lo videro protagonista di importanti imprese in altri gruppi montuosi
delle Alpi. Appare altrettanto stupefacente la sua iperattività in ogni campo,
dall’insegnamento universitario alla ricerca scientifica, dalla pratica dell’alpinismo
alla stesura di impareggiabili guide alpinistiche che, ancor oggi, come è
detto sopra, sono una pietra miliare in questo genere di opere.
In un periodo storico in cui l’alpinismo stava avviandosi verso una sportivizzazione
sempre più marcata, con la realizzazione di imprese sempre più difficili
sotto il profilo tecnico, l’opera di Alfredo Corti fra le cime si mantenne
sempre fedele agli aspetti più nobili di questa attività. In lui,
le figure dello scienziato, dell’uomo e dell’alpinista si fondevano
in un’unica entità che cercava di indagare a 360 gradi i misteri di
quell’ostile mondo di pietra e di ghiaccio, compresi quelli più sottili,
ma non meno importanti, della spiritualità e della psiche. Ogni atletismo,
ogni funambolismo erano il più possibile evitati, anche se, per compiere
scalate come la Nord del Disgrazia o la parete Sud dello Scerscen, occorreva sicuramente
un fisco instancabile e ben dotato di nervi e muscoli. Ripresa l’attività
alpinistica, nel 1949 con l’amico Aldo Grassotti, salì, in prima assoluta,
l’elegante sperone della parete Nord-ovest dell’Adamello. Lo troviamo,
infine, a settant’anni suonati, a compiere la traversata del Cervino, con
la guida Luigi Carrel.
Non limitandosi alle Alpi Centrali, salì qualche vetta delle Alpi Apuane,
parecchie delle Marittime, il Monviso per il canalone Nord; traversò il Visolotto
e il Vallanta; frequentò la Val di Susa; salì quasi tutte le montagne
del Gran Paradiso, parecchie del M. Bianco e del Vallese.
Dal dopoguerra fino al 1960, fu presidente del Gruppo Occidentale del C.A.A.I. (Club
Alpino Accademico Italiano) che organizzò la riuscita spedizione alle Ande
Peruviane, conseguendo la prima ascensione del Ranrapalca (6100 m).
Nonostante le numerosissime imprese alpinistiche, Alfredo Corti non fu né
un cacciatore di «prime» né un collezionista di vette. Uomo di
antico stampo e scienziato di professione, il suo scopo era lo studio e la migliore
conoscenza della montagna, per cui, spesso, preferì salire nuovamente montagne
già note, per chiarire dubbi anche piccoli o problemi, piuttosto che cercarne
altre più celebri.
Rapporti col Club Alpino Italiano
Il rapporto con il CAI Valtellinese, fu sempre ottimo e improntato alla collaborazione,
anche se non assunse cariche direttive, data la lontananza della sua residenza abituale.
Esempio chiarificatore di questo rapporto è la costruzione della Capanna
Marco e Rosa nel 1913.
Nel 1942, a causa delle sue idee antifasciste, Corti fu mandato al confino a Sala
Consilina, in Campania, privato della cattedra universitaria e dello stipendio ed
espulso dal CAI. Alla caduta di Mussolini, nel 1943, fu liberato e riparò
in Francia. Tornò quindi a Torino e si unì alla resistenza nella difesa
della Valle di Cogne, fino al termine del conflitto. Subito dopo la guerra,
si interessò del riordino della biblioteca della Sezione di Torino e di quella
Centrale, del Club Alpino, completando collezioni e recuperando opere di valore.
A fianco di Mario Piacenza collaborò alla direzione del Museo della Montagna
(1950/1956) e, dopo la morte del Piacenza, lo diresse fino al 1961.
La passione del Corti per le montagne e per la loro descrizione non poteva tralasciare
anche il pionieristico campo della fotografia alpina. Sull’esempio di Vittorio
Sella, il grande alpinista valtellinese iniziò a fotografare, portandosi
appresso, con grande fatica, un apparecchio di legno a lastre (13x18), anche in
stereoscopia. Con l’evolversi della tecnologia, negli anni successivi, i pesi
e le dimensioni delle fotocamere diminuirono, ma non la qualità stilistica
delle immagini. Non può sfuggire all’osservatore che, pur bellissime,
foto di vette e panoramiche non furono fatte da Corti con intenti artistici, ma
solo con il mero scopo di dare una descrizione quanto più precisa possibile
di un territorio. Al Centro di Fotografia Alpina Sella di Biella donò, in
proprietà, parecchie centinaia di negativi in grande formato. In questo sito
si possono ammirare, nella quasi totalità, le fotografie da lui scattate
che si sono potute riportare alla qualità originale.
Come si può vedere, in questo sito, la ducumentazione è vastissima,
anche se prevale quella relativa alle montagne, e rappresenta una testimonianza
rara anche dal punto di vista paesaggistico, e gliaciologico in particolare, tanto
da diventare un punto di riferimento per studi scientifici e comparazioni che permettono
di conoscere e valutare l’evoluzione del paesaggio montano.
Elenco sommario, rappresentativo delle sue principali ascensioni:
Gruppo del Bernina:
Pizzo Bernina: prima salita per la parete SO dell’anticima (1920); Piz Roseg:
prima per la parete O (1938) e prima per la cresta SE del Piccolo Roseg (1940);
Cresta Güzza: prima per la parete Sud (due vie: 1919 e 1932); Pizzo d’Argient:
prima sulla parete S (1906) e prima sulla parete O per la Cresta NNO (1920); Pizzo
Zupò: prima sulla parete S (1906); speciale menzione per il M. Rosso Scerscen,
sul quale il Corti aprì l’itinerario di roccia più severo del
gruppo, salendo la grande parete italiana alla vetta estrema (1928); nel 1940, con
figlio Nello, che aveva ripetuto quell’itinerario paterno, apriva la diretta
sulla parete italiana della punta occidentale: il Cappuccio di Neve.
Gruppo del Disgrazia:
Prima salita della cresta ENE del Pizzo Ventina. Parete Nord del Disgrazia.
Gruppo dell’Ortles:
Nel 1901 e 1902, le prime visite ripetute più volte. Dopo la guerra, col
figlio Nello, vi compì un’impresa della quale mai scrisse e che dà
un senso di completezza al suo alpinismo: la traversata di tutte le creste spartivalli,
dal Passo dello Stelvio al Passo Gavia; una trentina di vette, da infilare in cinque
giornate, sempre sulla cresta, ben sopra i 3000 metri: compreso l’Ortles,
fuori linea, i due Marlet (il Marlengrat dei tedeschi) non di estrema difficoltà,
ma di grandiosa serietà, rientrando nel bacino dell’Adda, scendendo
dal Giogo Alto.
Gruppo dell’Adamello:
Prima salita dello sperone della parete NO dell’Adamello.
Pizzo Cervino:
Al 70°compleanno, traversava il Cervino per le creste del Leone e di Zmutt e
dopo saliva l'Innominata e lo sdrucciolo della Tour Ronde con la guida Luigi Carrel.
Gruppo dei Painale:
Una vetta è stata battezzata con il suo nome da due celebrità
mondiali dell’alpinismo come Coolidge e Strutt.
Alpi Orobie:
Gli alpinisti hanno chiamato «Cresta Corti» la maggiore, l'occidentale,
della Punta di Scais (toponimo registrato sulle carte dell'I.G.M.). Nel 1930 la
Sezione Valtellinese del CAI dava il nome del Corti al bivacco costruito in Val
d'Arigna.
Alpi Marittime:
Monviso per il Canalone Nord e traversata del Visolotto e del Vallanta.
Gran Paradiso:
Quasi tutte le cime.
Val di Susa - Monte Bianco - Vallese - Alpi Apuane:
Parecchie cime.
Ande Peruviane:
Monte Ranrapalca (6100 m).
Alcuni commenti sulla sua figura:
Suo figlio Linneo Nello, riordinando l’incomparabile materiale fotografico
del papà, lo ricorda con queste parole che sono la sintesi del suo vero amore
per la montagna: “Andava in montagna per trovarsi tra cielo e terra, al limite
dell’universo più vasto, perché avvertiva il fascino di assistere,
da luoghi privilegiati, ai consueti fenomeni naturali, quale l’apparire del
giorno, l’invasione delle luce e del calore sulla terra, l’urlo del
vento e delle tempeste, e poi anche perché lo divertiva cimentarsi su di
una bella cresta o lungo un pendio ghiacciato, a riprova della propria abilità,
Ma, da buon scienziato naturalista, gli piaceva spiegarsi l’orogenesi alpina,
le cause delle stratificazioni delle rocce, il perché della via ultima
di fiori ed insetti sulle più alte cime”.
Massimo Mila così lo ha ricordato : “Anche se la disciplina
del suo insegnamento universitario era l’anatomia comparata, in realtà
nessuna tra le scienze della terra gli era estranea. La comparazione era la sua
facoltà, ma per lui l’anatomia non si limitava soltanto agli organi
dell’uomo, ma si estendeva a tutto ciò che esiste sul pianeta. Per
lui tutto viveva: viveva l’albero, il bosco, il filo d’erba, vivevano
le pietre, viveva il ghiacciaio, muovendosi, strisciando, allargandosi e comprimendosi.
Positivista, non materialista, Alfredo Corti era a modo suo un credente, cioè
un uomo con una fede. Il suo era uno spontaneo panteismo della natura, esteso senza
limiti nell’universo, dal palpito delle stelle al più misero bruco;
ma la montagna ne era il tempio privilegiato.” Di lui Mario Benazzi, suo allievo
affezionato, scrisse: “ Fu uomo vivace, aperto alle più varie sollecitazioni
della via, della storia, della natura, del sapere”.
A cura di Guido Combi (GISM) e Giuseppe “Popi” Miotti (GISM)
Biografia:
Raffaele Occhi, Alfredo Corti. Dall'alpinismo alla lotta partigiana, Beno Editore, Sondrio 2018
Bibliografia d'approfondimento:
-
Antonio Boscacci,
Montagne Valtellinesi 1900-1940
Archivio Alfredo Corti
-
Antonio Boscacci - Guido Combi,
La Capanna Marco e Rosa De Marchi - Agostino Rocca al Bernina
Ed. CAI Valtellinese 2013
-
G. Miotti- G.Combi- G.L. Maspes,
Dal Corno Stella al K2 e oltre. Storia dell’alpinismo valtellinese
Ed. CAI Valtellinese 1996
-
G. Miotti,
La Capanna Marco e Rosa- Rocca al Bernina
ed. CAI Valtellinese 2013
La tomba dei Corti al cimitero degli Inglesi a Roma (foto Paolo Camanni)